di Angelo, non più al Winter Garden Hotel
Marzo 2020 nella provincia bergamasca. Cos’è accaduto fuori? Le corsie brulicavano di sofferenza esplodeva il virus togliendo parola e seccando tossi che insistevano e insistevano lasciando polmoni erosi senza ossigeno senza l’ossigeno che nutre la vita. Li lasciavano nella necessità di un intervento da fuori, esterno, medico …ma il mondo medico era al collasso e senza dispositivi che garantissero continuità di vita per tutti, per quelli che si trovavano in quelle stanze d’ospedale e ancor meno per coloro assiepati nel dolore di corridoi senza via di passaggio.
Ancor meno per coloro che avevano perso il momento giusto per avvertire del loro dolore…
e tutti in questo folle inizio senza difese, senza maschere che limitassero sguardi e contagi
e poi c’era l’angoscia del non ritorno, dell’assoluta solitudine che questo maledetto Covid aveva imposto alla sofferenza perché non fosse di tanti, di troppi e della sua infingarda rapidità.
E la maggior parte nel marzo assurdo hanno scelto deliberatamente il confino casalingo, lo svolgimento di tutti i sintomi della malattia tra mura domestiche perché dall’ospedale non si tornava. Ti trovavi da solo tra dolori e patimenti senza l’abbraccio familiare e in presenza nei corridoi che conforta nel passaggio drammatico della malattia e nutriti di Tachipirina si affrontavano sintomi disparati e mutevoli e disperati e si tentava l’impossibile aggancio telefonico col curante che è accaduto avesse il medesimo problema. La febbre irriducibile, il mal di testa, il fiato in sospeso, la dimenticanza di odori e sapori, la congiuntiva in fiamme, il naso assiepato da coaguli e un dolore intenso e lancinante come un colpo di spada nel mezzo della schiena. E poi il medico con la prescrizione ispirata dal protocollo introduceva l’antibiotico e a volte l’introvabile antivirale; a volte senza nemmeno l’incrocio con gli occhi sofferenti, senza l’ausculto dei murmuri spenti del mormorio gioioso dell’ossigeno che passa e dà vita silenziato dal virus …
E poi? Chi ha vissuto il Covid in corsia è stato ed è un Sottoposto ha seguito tempi e modi di contrasto al virus e alla sua diffusione alla lettera, senza sgarro da vigilato speciale. E’ restato isolato fino alla danza dei tamponi, nell’attesa del doppio negativo…
Ma i casalinghi? Che non hanno avuto spesso nessun controllo? Che sono usciti dalle loro case per far spesa o per accompagnare il cagnolino quando i sintomi si sono spenti ma senza l’evidenza dell’abbandono dell’invasore?
Radiografia TAC, tampone, esame sierologico, quarantena sono concetti medici a loro sconosciuti e sentiti solo nominare nelle cronache ma distanti dall’esperienza diretta.
E questa certezza non è stato ed è sinonimo di pericolo per se’ per i propri figli e per gli altri?
Chi non ha indossato le giuste lenti di vigilanza? Chi doveva monitorare?
È un bene sapere se l’ossigeno ha possibilità e diritto di circolare liberamente e senza affanno in ogni distretto dei tuoi polmoni.
Angelo